MARCO POLO
“Or avenne che nel 1187 anni li Tartari fecero uno loro re ch'ebbe nome Cinghis Kane. Costui fu uomo di grande valenza e di senno e di prodezza; e sí vi dico, quando costui fue chiamato re, tutti li Tartari, quanti n'era al mondo che per quelle contrade erano, si vennero a lui e tennello per signore; e questo Cinghis Kane tenea la segnoria bene e francamente. E quivi venne tanta moltitudine di Tartari che no si potrebbe credere; quando Cinghi si vide tanta gente, s'aparechiò con sua gente per andare a conquistare altre terre. E sí vi dico ch'egli conquistò bene otto province in poco tempo, né no li face' male a cui egli pigliava né no rubavano, ma menavaglisi drieto per conquistare l'altre contrade, e cosí conquistò molta gente. E tutta gente andavano volontieri dietro a questo signore, veggendo la sua bontà; quando Cinghi si vide tanta gente, disse che volea conquistare tutto 'l mondo
Tratto da Il Milione di Marco Polo.
Sembrava tutto passato. I timori di un crollo delle Faang (Facebook, Apple, Amazoon, Netflix e Google, che da sole pesano un terzo dell’intero Nasdaq), era alle spalle. Invece, la stagione delle trimestrali è stata solo una parentesi. Ieri la più capitalizzata delle big five, Apple è crollata del 5%. Ufficialmente Lumentum Holding, la fornitrice del chip per il riconoscimento facciale, utilizzato dai
nuovi iPhone, avrebbe lanciato un profit warning per un possibile rallentamento delle vendite verso un suo importante cliente. Il maggiore cliente di Lumentum è Apple. Gli investitori hanno fatto due più due. Lumentum è crollata del 33%, trascinando al ribasso l’intero comparto tech Usa (-5%).
Il profit warning di Lumentum ha fatto rivivere due fantasmi per i mercati: da un lato un rallentamento economico, la fine di un ciclo di espansione durato oltre un decennio, e dall’altro gli effetti della guerra commerciale con la Cina.
Secondo alcuni osservatori il profit warning di Lumentum sarebbe da spiegare con nuove misure cinesi che porterebbero a un calo delle vendite di Apple nel Paese della Grande Muraglia (l’11% dei ricavi della Mela è generato in Cina). Che ci sia un rallentamento economico in atto o semplicemente l’effetto di una risposta cinese alla guerra commerciale, poco conta. Il risultato sarebbe comunque lo stesso: forte calo dei mercati.
Siamo abituati a leggere Cina e Usa come realtà separate. La Borsa cinese è sui minimi, quella Usa sui massimi. Già all’epoca di Marco Polo i due Paesi non erano poi così distanti. La leggenda, o la storia, vuole che il giovane veneziano non sia stato semplicemente il più grande conoscitore della Cina, dove divenne prima consigliere e poi ambasciatore del Kubilai Khan, ma si sia spinto oltre. Qualcuno dice che abbia scoperto, l’America prima dello stesso Cristoforo Colombo, passando dall’Asia, altri che ne fosse venuto a conoscenza grazie a una mappa di navigatori dell’Est della Cina.
Pechino sembra voler rilanciare il percorso opposto di Marco Polo. La via della Seta. Obiettivo ufficiale, avvicinare la Cina all’Europa. La lettura più convincente è che la Cina punti a costruire un’ampia rete di infrastrutture per invadere il mercato europeo di prodotti cinesi. Condendo il tutto con operazioni che al Paese oggetto di conquista, paiono vantaggiose, una win win situation dove vincono tutti. Chi non vorrebbe avere Pechino come alleato? Il secondo passaggio invece sarebbe quello di creare dipendenza del Paese europeo e in seguito espandere il proprio impero. Il tutto con calma e senza operazioni violente.
Rispetto a Il Milione di Marco Polo, i mercati oggi sono fortemente più connessi. Il sospetto che Lumentum possa tagliare le proprie stime perchè Pechino si prepara a mettere i bastoni fra le ruote alle vendite di Apple in Cina, fa tremare gli indici di tutto il mondo. Questo sarebbe solo il primo assaggio di una guerra commerciale.
La Cina starebbe sferrando il suo attacco per arrivare più forte all’incontro tra Xi Jinping e Donald Trump a fine mese.
Da un lato le tensioni sui Treasury Usa, con i rendimenti saliti al 3,2% che per alcuni sarebbero stati sostenuti da operazioni cinesi, dall’altro la forte svalutazione della moneta cinese e infine il super dollaro stanno indebolendo Trump. Pechino starebbe cercando di muovere le variabili più sensibili dell’economia Usa. E’ un gioco molto pericoloso, il dubbio di un rallentamento economico e gli effetti di una guerra commerciale possono innestare una decisa correzione.
A questo si aggiunge anche un altro fronte caldo: il petrolio. Il ministro del petrolio del Kuwait ha scritto ieri mattina in un tweet che per preservare l’equilibrio del mercato bisogna tagliare la produzione, questa ipotesi è stata vagliata nel meeting ad Abu Dhabi. Parlando con i giornalisti al termine del vertice, il ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, Khalid al Falih, ha dichiarato che in dicembre le esportazioni di greggio saudita saranno di mezzo milione di barili al giorno più basse di ottobre. Il prezzo del greggio è crollato del 20% in un mese e ora l’Arabia corre ai ripari.
Le guerre, anche quella commerciale, terminano sempre con la vittoria del Paese più ricco in grado di finanziare la battaglia. La nostra strategia, invece è come quella di Marco Polo, non prendere le parti ma sfruttare ogni situazione. Ribilanciare Fang con i corrispettivi big tech cinesi. Usa e China in portafoglio non saranno nemici ma semplici alleati quando conviene.